Partenza e arrivo: Torille (Verrès, AO), 400 m – Quota massima: Monte Saint Gilles, 918 m – Dislivello in salita: 600 m – 9 km circa – Tempo salita: ore 2,30 – Durata complessiva: ore 5,00 (soste escluse).
Il riscaldamento globale e il conseguente innalzamento delle temperature ha permesso di prolungare la stagione escursionistica. Per l’ultimo appuntamento della TAM torinese, il meteo è stato clemente. Da Torille, frazione di Verrès, superata la Cappella di S. Barbara, saliamo su stradina asfaltata, poi lastricata e molto ripida, e quindi mulattiera.
Il bosco misto è ancora vestito dei colori autunnali, caldi contrasti tra le sfumature del giallo, del rosso, dell’ocra e del marrone, inframezzato dagli ultimi ricordi del verde estivo e dagli aghi dei pini. Superato il bivio per Montjovet e Chatillon, sotto gli antichi castagni rinselvatichiti, seguiamo a destra l’indicazione per il “Lago”, abbandonando la mulattiera ormai impraticabile. Il sentiero sale ripido nel bosco, e raggiunge la località La Nache.
Un vasto pianoro prativo, una bella costruzione con ripiani a coltivo, forse abbandonati, una fontana (asciutta), testimoniano che la località era sfruttata e per vari motivi ora non lo è più. Si raggiunge il Col de La Nache, sferzato dal vento. Il sole ne mitiga gli effetti. Lasciamo a sinistra un secondo bivio per Montjovet e proseguiamo verso est per una lunga e poco faticosa traversata panoramica che ci porta nelle vicinanze del Lago di Villa.
Proseguiamo seguendo la segnaletica su un tratto di sterrata, e poi nel bosco fino a raggiungere un colletto. Tralasciamo le altre indicazioni e guadagniamo in breve la sommità del Mont Saint Gilles o Punta della Bandiera, 917 metri. La grande panchina, costruita con tronchi grezzi, non impatta con l’ambiente circostante, così come i cannocchiali dall’allegro bordo arancione, rivolti verso le vette circostanti. Il nome Saint Gilles (Sant’Egidio) deriva dalla prevostura di Verrès risalente all’alto medioevo, i cui monaci seguivano la regola di Sant’Agostino, che rivestì grande importanza e contribuì notevolmente allo sviluppo dell’economia locale.
Ancora pochi passi e si raggiunge lo sperone roccioso di vetta a picco sulla valle, con le bandiere, italiana e valdostana, mosse dal vento. Il cielo è azzurro con qualche striatura, il sole splende e il panorama ci ripaga della fatica. Il Monte Avic svetta con la sua elegante silhouette al fondo della Valle di Champdepraz, lo Zerbion incombe sulla Valle Centrale, e le Dame di Challand sulla nascosta Valle d’Ayas.
Il panorama è a 360°. Le foto si sprecano, siamo tutti di ottimo umore. Ridiscendiamo raggiungendo con una breve digressione il lago di Villa, nella conca all’ombra di vecchi castagni, roverelle e pino silvestre, circondato dalla vegetazione palustre ricca di giunchi e carici. Unica località valdostana dove vive la ninfea, la zona umida del Lago di Villa ospita numerose specie sia vegetali che animali di grande interesse. Il sito è protetto come Riserva Naturale Regionale.
Ritorniamo lungo il percorso di salita, prestando particolare attenzione ai tratti più ripidi. Raggiungiamo il parcheggio e poco dopo il ristorante. Siamo in cinquantaquattro, riempiamo il salone con lunghe tavolate.
La “merenda” è più un banchetto che altro, l’appetito, e la sete, non mancano (sono anche le quindici e lo stomaco reclama). L’allegria non ci abbandona, il cibo è di ottima qualità e abbondante, i camerieri gentili e simpatici: cosa volere di più?
Il meteo ci ha risparmiato, abbiamo trascorso una giornata serena immersi nella natura e condiviso emozioni con tanti amici che la pesante situazione di questi tempi ha contribuito a dividere. Oggi abbiamo lasciato da parte i pensieri e le preoccupazioni, illudendoci di vivere in un mondo normale. Domani si vedrà. A proposito: il nome del ristorante è “Carpe diem”…
Daria Fava