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MONTE CIUCRIN
Dislivello totale: 130 m scarsi (dalla Baita del CAI di Lanzo) – Quota: 1520 m – Difficoltà: Facile E: “E” con minuscolo trattino finale “EE” se si segue integralmente la cresta. Ore salita: 1 h dalla Baita – 0,30 h (dal colletto dove si parcheggia) Ore Discesa: All’auto, 30 minuti scarsi Totale ore: 1,30 h. Accesso: Da Torino, uscita dopo Venaria (Valli di Lanzo) e proseguire fino a Lanzo, seguire la direzione verso Chiaves. Dalla piazza di Chiaves seguendo la ripida strada che porta a Fontana Sistina. Da qui s’imbocca la strada asfaltata che parte alla destra della fonte Sistina (fronte fontana) ignorando durante la salita, le deviazioni che si staccano dalla strada principale. Dopo circa 15 minuti si giunge al bivio per S. Giacomo (sbarra aperta solo quando c’è qualcuno in baita), proseguire dopo 2 Km a sinistra su strada sterrata superando un cancello e raggiungendo velocemente l’ampia insellatura del Colle San Giacomo, dove si parcheggia.
La Baita sociale Cai Lanzo
Descrizione itinerario: La cima del Monte Ciucrin (1520 m), si raggiunge dalla Baita in meno di un’ora, risalendo al colletto San Giacomo, che dà accesso a questa struttura sottostante il colle e da qui per l’ampia cresta che diventa più esile e rocciosa in prossimità della cima, si sale in vetta sormontata da un ripetitore.
Cenni generali: Facile escursione dalla baita sociale del CAI di Lanzo, in buona parte lungo una strada sterrata nel bosco e gli scorci panoramici assai gradevoli. A renderla ancora più interessante sono i facili passaggi finali su roccette. Poco lontano dal ripetitore (di poco più bassa) c’è una seconda cima con una torre squadrata (non raggiunta perché fuori percorso)
In vetta al Monte Ciucrin
Curiosità: cima che spicca sopra la Baita del CAI a sinistra di chi arriva in auto al colletto. Per chi sale dalla sottostante Baita la cima è alla nostra destra del colle San Giacomo. Molto evidente per il ripetitore che la sovrasta.
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TRE CIME: “QUATTRO STAGIONI” AL COLLE DEL LYS
a cura di Lodovico Marchisio cartina di Franco Stuardi
Sembra ridicolo di primo acchito affermare che per osservare un micro mondo che ci sfugge sotto gli occhi inquieti da alpinista incallito mirante sino a poco tempo fa alle cime più prestigiose, e come tali lunghe e difficili il più delle volte da ascendere, occorra avere un incidente di percorso, per tornare alla montagna con più miti pretese. Senza entrare troppe volte nel personale, con un’attività motoria più limitata, a parte i 76 anni compiuti, si scelgono così altre mete alternative e si scoprono piccole cime non blasonate, raggiungibili comodamente in giornata con pochissima camminata, fattibili salvo eccezionali nevicate, quasi tutto l’anno. Ovviamente le tre cime che ho scelto sono tutte e tre percorribili in una giornata scarsa, senza fare una toccata e fuga, ma godendosi anche molto lentamente le tre piccole ascese, perché situate a poca distanza l’una dell’altra e brevissime da salire, ma che hanno come denominatore comune una forma ardita o un bel simbolo in vetta, perché l’occhio vuole comunque e sempre la sua parte. Ed ecco come concatenarle con fatica quasi nulla e la possibilità di condurre in cima anche un bambino per mano o un anziano a godere del panorama che si beneficia comunque da qualunque piccola cima isolata si scelga di raggiungere.
Descrizione tecnica delle tre cime:
Monte Arpon – Quota: 1236 m
Difficoltà: Facile (Escursionistica) – Dislivello totale: Dal primo parcheggio 200 m circa, dal secondo 150 m circa – Ore salita: 1 h dal primo parcheggio, 40 minuti dal secondo parcheggio come indicato sul tabellone. Ore Discesa: 30 minuti /40 minuti al parcheggio più basso. Totale (AR) ore: 1,40 (parcheggio basso) – ore 1,10 h (parcheggio alto). Cenni generali: cima quasi sconosciuta della bassa Val di Susa, sita sulla sinistra orografica della più conosciuta Roccasella, da non confonderla con il Monte Arpone (1602 m) che si ascende partendo dal piazzale del Colle del Lys (lato destro per chi arriva dalla Val di Susa)
Accesso: imboccare l’autostrada del Fréjus da qualunque località si provenga uscendo ad Avigliana Ovest o prendere in alternativa la Strada Statale 24 e seguirla fino al bivio per Almese. Da qui proseguire per la provinciale del Colle del Lys, superando l’abitato di Rubiana. Dopo 3 Km circa prestare attenzione a un bivio per Favella. Salire in direzione del Monte Arpon facendo attenzione che i cartelli in legno indicano “Monte Arpone” (errore di trascrizione). Se non avete una 4×4 parcheggiare subito dopo il bivio indicato, con un’auto a trazione integrale potete proseguire fino all’ampio parcheggio che vanta sulla destra la cartellonistica delle cime e itinerari da qui raggiungibili.
Descrizione itinerario: seguire la stradina sterrata a fondo accidentato che supera il parcheggio alto proseguendo fino ad un immenso quanto inconfondibile pianoro prativo dal quale sulla sinistra (ometti in pietra) si snoda un sentiero sulla prima parte degradante nel bosco, più ripido e roccioso verso la cima ma che non presenta alcun tipo di difficoltà.
Segno di vetta: Bella Madonnina con lapide che cita la Maria Immacolata
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Bec del Colletto o Monte Crusat – Quota: 1218 m
Difficoltà: Facile (Escursionistica) – Dislivello totale: 100 m circa
Ore salita: 20 minuti scarsi – Ore Discesa: 15 minuti -Totale (AR) ore: 35 minuti. Cenni generali: Questa singolare guglia staccata e isolata che si affaccia sul paesino di Richiaglio è facilmente visibile sulla destra di chi arriva dalla Val di Susa e a sinistra per chi arriva da Viù.
Accesso: Con l’itinerario precedente sino a Rubiana, se si desidera concatenare le 3 cime, tornare alla deviazione per Favella e proseguire per il Colle del Lys. Superato il valico scendere verso Viù per circa 4 Km (per chi sale da Viù calcolare in auto circa 20 min – 10,3 km,
dirigendosi verso la Strada Provinciale 197 del Colle del Lys). Superare l’abitato di Bertesseno per chi arriva dalla Val di Susa, arrestarsi invece dopo il Colle San Giovanni per chi arriva da Viù. Scomodo il parcheggio proprio sotto la cima in entrambi i casi, a lato della provinciale.
Descrizione itinerario: Imboccare una mulattiera prativa evitando la stradina sulla destra (sbarra) che indica terreno privato e portarsi sempre a sinistra sotto un’evidente zona rocciosa. Imboccare un’esile traccia che sale molto rapidamente nel bosco sino a giungere ad un intaglio tra l’anticima a destra e la cima principale a sinistra (verso sempre di chi sale). Da qui senza traccia obbligata e con pendio più moderato in breve all’isolata cima.
Segno di vetta: un piolo in ferro piantato tra le rocce nel punto culminante.
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La Ponta dla Cros o Punta Calvario-Quota: 1230 m
Difficoltà: Facile (escursionistica) fino al piloncino. Per toccare la croce di vetta, posta 2 metri sopra nel punto culminante, si consiglia di legare i bimbi con un cordino perché vi è un passaggio leggermente esposto. Dislivello totale: 60 m circa – Ore salita: 15 minuti – Ore Discesa: 10 minuti – Totale (AR): mezz’ora scarsa.
Cenni generali: acuminata piramide rocciosa alta una sessantina di metri con edicola religiosa e un’alta croce in legno che caratterizzano il suo toponimo. Curiosa la scritta posta alla sua base che vi riassumo in breve: ”Si narra che un pastorello mentre era al pascolo con le sue mucche notò nel prato un avvallamento del terreno che sembrava fatto apposta per riposare e qui si mise a dormire. Venne però svegliato dal rumore di un grosso masso che precipitò passando miracolosamente sopra la sua testa. Se non si fosse trovato in quel provvidenziale incavo, sarebbe stato investito da quell’enorme macigno. Il pastorello corse a casa raccontando l’accaduto ai genitori che per ringraziare la Madonna della grazia ricevuta, fecero edificare il piloncino tuttora presente pochi metri sotto la cima”.
Accesso: Dal parcheggio dell’itinerario precedente dista 500 m dal precedente, da qualunque parte si provenga, raggiungere Bertesseno e imboccare la stradina asfaltata per Molar, parcheggiando a lato della strada (non sui prati mi raccomando), a 300 m sotto la provinciale, proprio in prossimità della punta in oggetto, ben visibile dalla strada principale.
Descrizione itinerario: Imboccare un sentierino che zigzaga verso sinistra (lato di salita) sino ad un tratto con gradini in pietra che facilitano la breve ascesa fino al pilone votivo. Qui finisce il sentiero. Per raggiungere la croce, senza più traccia alcuna, aggirarla verso sinistra (lato più facile) immettendosi in un intaglio invaso dai rami, che confluisce su un aereo terrazzino dal quale con un metro d’arrampicata (I° grado) si raggiunge il punto culminante sul quale è eretta la croce in legno. Segno di vetta: Pilone votivo con all’’interno, statua della Madonna e sull’apice: croce in legno.
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“3” tremila al Sommeiller
UNA CROCE TRE VALORI: RELIGIOSO, SEGNO DI VETTA E PUNTO DI RIFERIMENTO
A cura di Lodovico Marchisio
Una gita sempre attuale è quella al Pian dei Morti (2580 m), situata sulla strada sterrata che da Bardonecchia sale al Colle del Sommeiller (è meglio però sincerarsi della sua apertura annuale estiva), effettuata anni fa in solitaria per salire tre cime sopra i tremila metri. Merita spendere due parole su questo valico che si può tuttora raggiungere con auto fuoristrada (o almeno 4×4) dal versante italiano di Bardonecchia con strada asfaltata fino a Rochemolles e sterrata fino al colle.
Questa strada raggiunge la maggior altitudine dell’intera catena delle Alpi a una quota di 3009 m. In realtà quella era l’altitudine raggiungibile fino a qualche anno fa; ora invece è stato posto uno sbarramento al termine del parcheggio per cui la massima altitudine raggiungibile in auto è di 2990 m.
Sopra il Rifugio Scarfiotti vi sono curve a gomito con evidenti precipizi, che obbligano a manovre non sempre facili (da evitare per chi non è sicuro al volante). La strada in oggetto era stata inaugurata nel 1962 e negli anni successivi erano stati aperti degli impianti di risalita per lo sci estivo sul ghiacciaio del Sommeiller. Tali impianti erano stati chiusi nel 1985 a causa dell’arretramento evidente del ghiacciaio stesso oggi ridotto a un lembo ghiacciato che si ritira visibilmente ogni anno.
Tornando alla nostra meta, dal palo segnaletico di Pian dei Morti (2580 m), posto su una curva a “U” (prima dell’ultima rampa di curve che conducono al colle), seguire il sentiero che indica 1,30 h per salire dal “Vallon du Fond” al Passo dei Fourneaux che si raggiunge attraversando il ruscello e sale in direzione della prima balza erbosa.
Dopo circa 40 minuti si raggiunge un minuscolo laghetto, si continua poi a seguire il sentiero su fondo detritico, che supera nuovamente una seconda balza, per portarsi su un pianoro al di sotto del Passo dei Fourneaux che si raggiunge per tracce di sentiero puntando al Passo dei Fourneaux Settentrionale (3159 m) e dopo averlo raggiunto si segue la traccia di sentiero, non evitando una digressione a sinistra al primo evidente torrione (Cima dei Fourneaux 3207 m) che si raggiunge in 20 minuti dal colle con una breve digressione sulla sinistra per roccette elementari (evidente salto roccioso sul versante opposto – ometto di pietre in cima).
Senza perdere terreno scendere di pochi metri sul versante a valle per riprendere il sentiero ben marcato che in circa un’ora, seguendo il pendio detritico del versante sud, permette di raggiungere la Punta Sommeiller (2,40 h dal parcheggio) a quota 3333 m evidenziata da un cippo essendo la sommità più elevata di questo spartiacque.
Da qui per compiere un terzo tremila, non evidente da questo versante come i primi due saliti, occorre continuare sulla dorsale detritica in direzione nord-est percorsa da una labile traccia di sentiero che dopo aver aggirato delle roccette sulla destra, diventa più lineare, anche se mai troppo evidente, per questo motivo in caso di scarsa visibilità conviene sempre mantenersi sul filo della comoda dorsale.
La traccia di sentiero torna a essere più evidente alla quota 3299 m (non cima ma rialzo detritico dal quale ha inizio una discesa più marcata in direzione est), mantenendoci preferibilmente sul bordo sinistro di una conca detritica. Raggiunto un ampio colletto (si sono persi circa 70 m di dislivello) appare da qui evidente il Monte Ambin 3264 m sormontato da una piccola ma ben visibile croce metallica.
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CIMA E MADONNINA DEL COTOLIVIER
A cura di Lodovico Marchisio e Roberta Maffiodo
Il Monte e Madonna del Cotolivier è la cima ideale per tutti coloro che amano la montagna in tutte le sue vesti sia dal punto paesaggistico che di riposo psicofisico. Questa montagna infatti, grazie ai suoi boschi meravigliosi anche in inverno può essere salita senza incorrere nel pericolo di valanghe e slavine. Inoltre si possono condurre anche persone con disabilità, in quanto una strada sterrata, percorribile anche con auto normali un po’ alte da terra, può arrivare alla sbarra, posta a pochi minuti dalla vetta. La strada è chiusa solo in presenza di neve e un giorno alla settimana anche in estate, stabilita dagli enti competenti annata per annata (chiedere informazioni all’ufficio del turismo locale).
Percorsi di salita dal basso: Partendo dalla piazza del Municipio di Oulx attraversare il ponte sulla Dora e proseguire dritto tra alcune case. In breve si incontra un cartello che segnala l’ inizio dell’OVK (“Oulx Vertical Km”). Tutto il tragitto è ben segnalato con macchie di vernice blu. Interseca la strada in alcuni punti ma per la maggior parte del percorso si cammina su sentiero ben tracciato. Ore 3 – Dislivello 1035 m.
Altro itinerario: dalla Borgata Vazon, nel comune di Oulx si sale in auto nei pressi del Rifugio Alpino “La Chardousë” (ottimo per pranzare). Da qui occorre percorrere una strada di montagna lunga circa 6 km (o per i ripidi sentieri che la tagliano). Ore 1,40 – Dislivello 382 m dal rifugio. In alternativa è possibile raggiungere Vazon anche a piedi, attraverso il sentiero che parte da Oulx, da Amazas o da Chateau Beaulard.
In inverno con le ciaspole o gli sci, si sale preferibilmente da Chateau Beaulard o da Oulx con indicazioni Cotolivier, dove nei pressi di un vasto complesso residenziale si lascia l’auto. Con tali mezzi (sci o ciaspole) occorrono circa 2 h per arrivare in cima.
SCHEDA TECNICA: Nome Montagna: Monte e Madonna del Cotolivier Quota: 2107 m
Cenni generali: Il monte Cotolivier, dai pendii lievi e ricoperti da boschi e pascoli, conclude la breve costiera che separa il solco vallivo della Dora Riparia da quello della Dora di Bardonecchia e domina da sud-ovest l’abitato di Oulx.
Sulla cima si trova la cappelletta dedicata alla Madonna di Cotolivier (nome completo: Notre Dame de Lumiere ovvero Nostra Signora di Luce – Nella foto) da dove si può godere di un bel panorama sulla alta val Susa.
L’edificio della cappella è stato eretto a fine dell’Ottocento per celebrare un evento miracoloso accaduto nel 1650 a due viandanti valsusini i quali, smarritisi mentre imperversava una tormenta, invocarono l’aiuto della Beata Vergine Maria e l’ottennero sotto forma di improvviso raggio di luce (da cui il nome Nostra Signora di Luce) che li guidò verso la cima del monte Cotolivier salvando loro la vita. La vetta, raggiungibile con una strada carrozzabile, è classica meta di escursioni in mountain bike d’estate, mentre d’inverno viene spesso raggiunta con le ciaspole o gli sci.
Oltre che da Oulx si può comodamente salire dagli abitati di Désèrtes e di Beaulard, entrambi un tempo sedi comunali e oggi compresi, rispettivamente, nella municipalità di Cesana e di Oulx. Difficoltà: Elementare (salita) e anello facile (discesa)
Accesso: Essa si raggiunge, provenendo dall’autostrada Torino – Bardonecchia, uscendo a Oulx Est e proseguendo a destra (bivio per Chateau Beulard) fino ad imboccare a quota 1130 m la strada del Cotolivier. Si raggiunge dapprima Pierremenaud, poi bivio per Soubras fino alla borgata Vazon, dove inizia la strada sterrata che sale fino a 2048 m dove si parcheggia l’auto prima della sbarra e cartello “Madonna del Cotolivier”.
Dislivello totale: circa 60 m in totale Consigliabile: sì, per l’importanza che riveste questa cima sovrastata da una Cappella con Madonnina e un panorama veramente da sogno. Ore andata: 0,20 h (per disabili) Ore ritorno: 0,40 h anello per un sentierino che corre sulla boscosa cresta di vetta. Totale ore: 1 h
Descrizione itinerario (per i disabili): Dall’esiguo spiazzo di parcheggio, posto a lato della stradina (slargo) seguire a destra una traccia sterrata che oltre la sbarra prosegue sino alla Cappella posta sulla vetta. Discesa: dalla cima andare alla vicina “Rosa dei Venti”, superarla e proseguire per il meraviglioso sentierino che va verso il “Pourachet” per la cresta erbosa della cima del Cotolivier. Abbandonarlo in prossimità della stradina sterrata del Pourachet (raggiungendola per un ripido prato fuori sentiero), ove volgendo a sinistra ci riporta al punto dove abbiamo parcheggiato l’auto.
Segno di vetta: una Cappella con Madonnina, croce in marmo, tavola “Rosa dei Venti” con nomi delle cime e libro per le firme.
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IL MONTE MOMELLO
A cura di Lodovico Marchisio e Roberta Maffiodo
Poche sono le cime specialmente di bassa quota ad avere una croce, una Madonnina e specialmente un piccolo bivacco costruito dagli Alpini con tanto di dedica e libro per le firme. La quota della cima è di 774 m e per raggiungerla vi è un sentiero che s’inerpica nel bosco da Margaula fino alla Cima. Ci troviamo in Val di Lanzo tra il comune omonimo e Bricherasio. Anche se la quota è modesta la cima è molto arieggiata e le panchine davanti al bivacco invitano a una sosta. Il monte Momello è molto suggestivo e panoramico e anche con questo caldo la meta ripaga delle fatiche fatte perché il percorso si completa in meno di un ora.
SCHEDA TECNICA: Accesso in auto: Uscita a Borgaro per le Valli di Lanzo, prendendo la superstrada che evita di transitare attraversando tutta Venaria Reale. Si accede così direttamente sulla statale che fiancheggia il Parco della Mandria, proseguendo per Cafasse e Lanzo Torinese. Prendere la galleria che porta verso Bricherasio, girando a destra per una stretta stradina che conduce a Margaula (606 m) ove si parcheggia a lato di alcune abitazioni private, dove ha termine la strada e inizia il sentiero contrassegnato da un cartello bianco e rosso che segnala 25 minuti alla cima del Monte Momello. Il tempo è molto tirato.
Con calma calcolare 50 minuti/1 ora. Dislivello: 168 m Quota cima: 774 m Descrizione salita: Arrivati alla borgata, la si attraversa tutta e dopo il primo tratto in piano, superate le ultime case, si sale su un sentiero che si inoltra nei pini, poi sale a zig-zag fino a prendere quota, dove inizia un lungo traverso verso sinistra e aggira tutta la montagna fino ad un cartello indicatore. Prendere a destra seguendo la freccia marrone con la scritta “Madonna degli Alpini”.Ci si trova così sul fianco opposto della montagna e una breve ma ripida salita conduce a una serie di cartelli. Seguire un’altra freccia marrone indicante di nuovo a destra su un tratto in piano, la scritta “Madonna degli Alpini” che porta in breve e in piano alla grande croce di vetta sulla quale si trovano anche la Madonnina e il bivacco degli Alpini, ottimo punto panoramico sul fondovalle. Curiosità: Tutti gli anni, la prima settimana di Giugno gli Alpini di Germagnano festeggiano la festa della Madonnina degli Alpini che si trova sul Monte Momello.
Il Monte Momello è un piccolo rilievo di circa 774 m che si erge sopra il centro abitato di Germagnano nella Valle di Lanzo ed è una tappa importante del “Trofeo Monte Momello” una corsa in montagna che si sviluppa su un anello di circa 10 km e che viene disputato ogni anno solitamente nel mese di Maggio. Il sentiero che parte da Margaula è stato marcato con segni differenti che si sono accumulati nel tempo: i colori rosso, bianco e giallo ormai sbiaditi e consumati dagli anni si intravedono sulle pietre coperte dal muschio o nascoste dai rovi. Strisce di nastro bianco/rosso legate ai rami degli alberi, probabili superstiti dei passati eventi sportivi di corsa in salita, oscillano tristi donando al sentiero un’aria malinconica. Una bacheca in legno riporta il percorso su un pannello informativo e un cartello in legno indica la destinazione: Madonna degli Alpini.
Il percorso si inoltra all’interno di un bosco incantevole e, dopo un paio di tornanti, una targa in legno accanto all’ingresso ci riporta subito il pensiero agli Alpini caduti per la Patria (o che come si dice in gergo sono “andati avanti”), poco più in basso la statua della Vergine degli Alpini veglia sulla valle sottostante e la croce di ferro, sostituzione di quella in legno posta dagli abitanti come voto a protezione dalla grandine nel lontano 1765, ci accoglie scintillando con i raggi del sole. Dallo spiazzo antistante il rifugio il paesaggio è molto carino.
Nonostante l’altitudine ridotta il panorama ci permette di osservare il centro abitato di Germagnano sotto di noi, il Monte Turu con i suoi 1355 m e le Grange di Germagnano. A fondo valle la Stura di Lanzo scivola sinuosa per poi passare sotto il Ponte del Diavolo facilmente individuabile sulla sinistra.
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UN LUOGO DIVINO IN TUTTI I SENSI A CHIANDUSSEGLIO
di Lodovico Marchisio
Ci sono spazi incontaminati che racchiudono varie peculiarità, come questo di Chiandusseglio – nel comune di Lemie che si trova nelle Valli di Lanzo (più precisamente tra la Valle di Viù e la Vallorsera), sulla sinistra idrografica del torrente Stura di Viù, a nord-ovest del capoluogo piemontese – a circa 1000 metri di quota, che è un luogo di fede, una distesa prativa ombreggiante dal primo pomeriggio, ideale alle famiglie per combattere la calura estiva, favorito anche dall’adiacente fiume Stura di Viù che da un senso di reale frescura e ora è anche un nuovo sito per arrampicare. Come predetto, dal punto di vista religioso la chiesetta della Madonna di Lourdes sorge isolata a 10 minuti dal parcheggio ed è circondata da zone a prato e da aree boscate.
Nello spazio antistante l’edificio è collocata una statua della Vergine Immacolata, posta su di un piedistallo in pietra, e circondata da recinzione metallica. L’edificio ha pianta a base rettangolare, con abside semicircolare sul retro ed è presente un campaniletto, che si eleva dalla falda di copertura, posto in corrispondenza dello spigolo nord del fabbricato.
Per le famiglie che desiderano un po’ di ristoro, il mistico luogo, oltre che offrire refrigerio alla calura, si presta anche a brevi passeggiate nel bosco di tutto riposo. Ma l’area in oggetto ha oggi un motivo in più per essere visitata perché nei pressi della chiesetta sorge una caratteristica roccia alta circa 25 metri sino a poco tempo fa invasa dalla vegetazione.
Note tecniche: Difficoltà: dal 5a / al 6c (monotiri). Esposizione arrampicata: Est. Quota falesia: 980 m. Sviluppo minimo itinerari: 15 m. Sviluppo massimo itinerari: 25 m. Località partenza: Chiandusseglio (frazione di Lemie). Accesso da Torino, direzione Lanzo e Germagnano, si prende a sinistra la strada provinciale per la Valle di Viù, fino a Lemie. Poco oltre, si attraversa la frazione di Chiandusseglio. Superato l’abitato, si può parcheggiare comodamente a lato della strada (quasi a bordo fiume). Al termine delle abitazioni, si reperisce una stradina sterrata che attraversa il ponte sul torrente Stura e conduce in breve al Santuario sulla sponda opposta (10 minuti). Il ponte si può raggiungere più direttamente su un largo muretto divisorio.
Annotazioni: La parete è situata su un terreno privato, in un contesto di particolare bellezza, i cui proprietari danno libero accesso ai visitatori se educati e rispettosi del luogo in cui si trovano. La roccia è una prasinite compatta, con gran varietà di appigli, da netti a svasati. Oltre alla normale dotazione personale sono sufficienti 10 rinvii e una corda singola da 60 metri. Indicazioni tratte anche da: “Gulliver.it”.
Chi volesse salire in cima alla rocca per pura curiosità, (lato di arrivo e fronte parete) sulla sinistra della prima via di arrampicata (Samba 5a) un’esile traccia contorna a monte il caratteristico scoglio roccioso e s’inerpica fino alla cima su roccette ancora cosparse di muschio. Tale digressione è da evitare per chi non ha dimestichezza con i terreni impervi e poco battuti.
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TRE CIME BREVISSIME TRA MEANA, IL COLLE DELLE FINESTRE E IL SESTRIERE
di Lodovico e Walter Marchisio – Foto di Roberta Maffiodo
Oltre ad aver la fortuna di scrivere per “Aosta Cronaca” questo graditissimo impegno voluto e non dovuto, mi porta anche a cercare insistentemente altre piccole cime alla portata di tutti perché mi aiutano a lottare contro le avversità della vita, in quanto impegnarsi per raggiungere una vetta lunga o corta che sia è una scoperta sempre nuova e avvincente e il panorama che si gode da “lassù” mi ripaga delle piccole fatiche che ancora sono in grado di sopportare, come queste tre cime sospese tra la terra e il cielo, che una strada pazzesca di cui vi parlerò ci aiuta ad avvicinarle. Infatti, con uno sviluppo di oltre 60 km, la Strada Provinciale 173 dell’Assietta e la vicina Provinciale 172 del Colle delle Finestre costituiscono lo scheletro portante di una dorsale viaria che collega le valli di Susa e Chisone, scorrendo quasi interamente sterrata e in gran parte oltre i 2000 metri di quota.
Quella che in una guida turistica degli anni ‘60 veniva già magnificata come la “Cavalcata dei Duemila” è percorsa ogni anno da giugno ad ottobre da migliaia di ciclisti, bikers, escursionisti a piedi o a cavallo, oltre che (nei giorni consentiti) dall’utenza motorizzata. La valorizzazione ambientale, turistica, forestale ed agricola delle strade dell’Assietta e del Colle delle Finestre è stata negli ultimi 20 anni oggetto di accordi di programma tra la Regione Piemonte, la Provincia e dal 2015 la Città Metropolitana di Torino, i Comuni e le Unioni Montane dell’Alta Valsusa, dei Comuni Olimpici Via Lattea e delle Valli Chisone e Germanasca.
Una consolidata e sperimentata regolamentazione del transito consente ogni anno la fruizione contemporanea da parte di utenze diverse. La Strada dell’Assietta attraversa i territori dei Comuni di Sestriere, Usseaux, Salbertrand, Pragelato, Fenestrelle ed Exilles, ha una lunghezza di circa 36 km e corrisponde alla Provinciale 173 del Colle dell’Assietta, passata ufficialmente nel 2021 dal demanio militare a quello della Città Metropolitana, che però ne cura la manutenzione dagli anni ‘60 del XX secolo. Ed ecco, le tre cime che vi propongo, consigliandovi di salire dal Sestriere e scendere a Meana (a pochi km da Susa).
La prima cima importante che s’incontra in questo senso è: MONTE GENEVRIS (2545 m)
La montagna domina l’abitato di Sauze d’Oulx. La vetta si trova sulla cresta che separa la valle di Susa dalla val Chisone, all’interno del parco naturale del Gran Bosco di Salbertrand. Verso sud il Colle Costapiana (2.313 m) la separa dalla Punta di Moncrons, mentre a nord-est il crinale continua con il Colle Blegier (2.381 m) e l’omonima montagna. Sulla sua anticima occidentale si trovano una tavola di orientamento ed il Faro degli Alpini (donato dalla Marina militare italiana), mentre il punto culminante è situato poco più a nord-est, a 2.545 metri di quota, ed è segnalato da una croce di vetta metallica. In estate la vetta si può raggiungere dalla strada dell’Assietta, che collega il colle del Sestriere al colle delle Finestre, la quale transita pochi metri al di sotto della cima che si risale per un’ampia traccia che conduce in meno di 20 minuti al suo punto culminante.
Tornati alla strada sterrata si prosegue in auto fino ad arrivare alla base della seconda cima proposta: TESTA DELL’ASSIETTA (2.566 m )
questa montagna delle Alpi del Monginevro, nelle Alpi Cozie, è posta tra la Val Chisone e la Val Susa con la sommità e tutto il versante settentrionale compresi nel territorio del Parco naturale del Gran Bosco di Salbertrand. È particolarmente famosa perché sulla sua vetta e nei suoi dintorni si è combattuta nel luglio del 1747 la vittoriosa battaglia dell’Assietta, che causò una carneficina con oltre 5.000 morti sul campo. Sulla vetta della montagna è presente dal 1882 un grande obelisco in pietra sormontato da un’aquila in bronzo (simbolo del Club Alpino Italiano) a ricordo della battaglia. Una strada sterrata, la strada dell’Assietta, conduce fin sotto la cima; di lì la vetta è raggiungibile in pochi minuti attraverso un corto sentiero a zig-zag che in meno di 15 minuti porta sulla sua sommità.
Tornati all’auto si prosegue fino al Colle delle Finestre e dopo aver lasciato questo percorso unico nel suo genere, scendendo verso Meana (Val di Susa) raggiunto l’asfalto, s’incontra la terza cima che vi proponiamo, con accesso dal basso per chi volesse limitarsi a salire quest’ultima cima. CIMA SACRO CUORE DI GESÙ
SCHEDA TECNICA: Quota: 1455 m
Cenni generali: Caratteristica cima isolata visibile dalla sottostante strada che da Meana conduce al Colle delle Finestre. Appicco roccioso su cui nel 1948 venne inaugurata una grande statua al Sacro Cuore di Gesù, issata su 7 grandi colonne in pietra ed un grande basamento tronco-conico
Difficoltà: Facile sentiero molto attrezzato per i turisti con corrimano.
Accesso: dal basso essa si raggiunge dalla Val di Susa, provenendo dalla statale 25, deviando a sinistra per Meana – Colle delle Finestre (prima di Susa) e proseguendo per il Colle delle Finestre fino al Km. 10 (parcheggio nei pressi della partenza del sentiero con cartello in legno).
Dislivello totale: circa 100 m in totale
Storia della Statua: Sul Colletto di Meana, un esile sentiero di crinale conduce a quest’appicco roccioso. L’idea di costruirci sopra un monumento fu dell’allora Vescovo di Susa Umberto Ugliengo. Già nel 1932 aveva già pensato di “erigere una grande statua del Sacro Cuore sulla vetta di uno dei monti dominanti questa valle». La località più adatta venne individuata nella vetta del Monte Fasolino o Fassolino (nome originale) nel Comune di Meana di Susa. Un punto panoramico con lo sguardo sulla conca di Susa dall’Ambin al Monte Musiné. Il Comune di Meana erogò all’epoca ben 80 mila lire che con altre offerte concorsero alle spese per la costruzione. La realizzazione dell’imponente statua, è alta 3,80 metri e fu affidata allo scultore Guido Capra. La fusione avvenne utilizzando circa undici quintali di materiale offerto dal Ministero della Difesa. Il carbone lo offrirono le Ferrovie dello Stato e la cera i parroci della diocesi. La statua è stata trasportata da Torino a Susa a cura di un gruppo di operai dell’ASSA. Lungo il bordo una scritta in capitale romano a lettere di bronzo recita: “VENITE AD ME OMNES A. D. MCMXLVIII”. Con il concorso di migliaia di pellegrini giunti da ogni parrocchia della valle e di autorità, la solenne inaugurazione avvenne il 6 giugno 1948.
Ore salita: 0,25 h (15 minuti un po’ tirati sono quelli indicati dal cartello posto alla partenza). Ore ritorno: 0,20 h (a passo lento). Totale ore: 0.45 h
Descrizione itinerario: Dallo spiazzo di parcheggio, posto a 50 metri più in alto rispetto al sentiero iniziale, posto a lato della stradina (slargo) prendere il sentiero super segnalato con corrimano (corda) e scalini molto agevoli. Segue un tratto in salita nel bosco che porta a un pianoro, Si prosegue, prima in leggera salita, poi in piano per un lungo tratto fino all’impennata finale di nuovo servita da corda come corrimano per i turisti meno avvezzi alle salite, fino ad arrivare all’ampio quanto panoramico slargo prativo della vetta su cui si erge la statua del Cristo Redentore.
Per affacciarsi con sicurezza sulla pianura sono state poste delle ringhiere protettive.
Discesa: dalla cima per l’identica e unica via di salita.
Data fatta: 15 agosto 2023
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MONTE CUCCO
di Lodovico e Walter Marchisio
Il Monte Cucco è l’ideale per chi ama assaporare la natura più variegata, tra rocce calcaree, aria marina, falesie, piccole grotte e tanta voglia di camminare in qualunque stagione dell’anno.
RELAZIONE TECNICA: Altezza Massima raggiungibile: 397 m. Tempo di salita: 2,30 h. Tempo Totale (AR): 3,15 h. Dislivello: 230 m. Difficoltà: E
Materiale occorrente: bastoncini da trekking
Accesso in auto: Torino, autostrada per Savona, poi proseguire sull’autostrada di Ventimiglia uscendo a Feglino, scendendo verso Finalborgo, deviare dopo 200 m verso Orco fino al Ristorante “Pizzeria” “Il Rifugio”. Da qui deviare a destra per una stradina che conduce alla partenza degli itinerari e vie di arrampicata del Monte Cucco. Località di partenza: Parcheggio sopra Feglino. Località di arrivo: Idem
Descrizione Itinerario: Dal parcheggio volgere a destra su una stretta stradina chiusa fortunatamente ai mezzi motorizzati che viaggia a mezza costa sotto le pareti del Monte Cucco, sito roccioso di grande prestigio a cui convergono alpinisti da tutta Europa perché il clima mite permette di arrampicare tutto l’anno escluse le ore più calde dei mesi estivi più afosi o le rigide giornate invernali in cui occasionalmente possono esserci sporadiche cadute di neve. La mulattiera non si addossa mai completamente alle numerose vie di roccia, ma transita poco sotto superando il settore del Canyon e del Campanile, fin quando un sentiero marcato con tre palline rosse disposte a triangolo rovesciato permette di lasciare la stradina per inoltrarsi nel bosco oltre le pareti rocciose del monte in questione. Si sale zigzagando fino a raggiungere un’ampia dorsale. Se ci si spostasse verso Est si noterebbe un curioso riparo sottoroccia conosciuto col nome di “Arma dei Buoi” ove vi sono delle nicchie naturali scolpite dalla roccia.
A sinistra si raggiunge invece il Ciappo delle Conche (segnavia con quadrato rosso del sentiero che proviene dalla traversata Finalmarina- San Bernardino – Ciappo dei Ceci). Si aggira così sulla destra (verso di salita) tutta la dorsale del Monte Cucco da cui ci si è allontanati abbastanza e che da qui appare come una selva boscosa senza fine. Ci si ricongiunge così al sentiero che scende a San Lorenzino, venendoci a trovare in prossimità di un riparo sotto roccia posto sulla destra e delimitato da muretti a secco da tempo crollati, ove restano visibili dei fori scavati nella roccia che servivano per incastrarvi dei tronchi e ricreare il soffitto dell’abitacolo.
Puntare a questo punto decisamente a sinistra nel punto in cui il sentiero si dirama ed inizia a scendere con più disinvoltura. Senza traccia evidente, ci si accorge man mano che si sale, di avvicinarsi alle rocce del dirupato versante opposto sotto il quale si è transitati all’andata. Arrivati in prossimità delle rocce, un vuoto impressionante si apre improvviso sotto ai nostri piedi. Per toccare la cima tradizionale, ove è situata una piccola statua del Redentore (più volte ripristinata), sulla cima della Torre del Monte Cucco nel settore del diedro e delle vie più facili di arrampicata, occorre traversare sopra la falesia evitando nei punti più esposti difficoltosi traversi ostacolati dalla fitta vegetazione, che spingono sul vuoto, se non assicurandoci a corda o meglio, transitando a sinistra di chi sale, per tracce che si aprono forzatamente tra il groviglio dei rami. In un modo o nell’altro si arriva in prossimità della Statua di Nostro Signore, che se non è posta sul punto più elevato, è di sicuro nel punto più tradizionale, anche perché è difficile decifrare il luogo preciso più elevato se non con apposita strumentazione, visto che si esclude l’ampia zona rocciosa, dall’altra parte è un bosco estesissimo.
Da qui, dopo le rituali foto di vetta, si fa ritorno al punto di deviazione. Inizia così la discesa (3 pallini rossi) che aggirano le ultime propaggini rocciose del Monte Cucco. Si lascia in basso (in prossimità di una grotta la cui volta di arrampicata estrema è tutta attrezzata con chiodi a espansione) il sentiero che scende a San Lorenzino per volgere nuovamente a sinistra ormai più in basso delle pareti rocciose dell’avancorpo superiore, ma transitando ancora sopra una cengia con sottostanti salti rocciosi, fino a giungere in prossimità di un percorso ginnico che degrada sino al sentiero di partenza.
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L’ARGIMONIA
Di Lodovico Marchisio
Questa volta vengo a proporvi una divertente salita tra sentieri e roccette, sopra la Panoramica Zegna, non faticosa tanto che se le mie condizioni di salute non peggiorassero mi sentirei di ritentarla la prossima estate sorretto da mio figlio, perché anche se salita più volte, ti regala quel pizzico di adrenalina che non guasta mai, tanto che ci ho condotto in gita sociale molti soci CAI alla loro prima esperienza di arrampicata in montagna, che sono risultati entusiasti. Provare per credere! A Biella, la Bocchetta Luvera offre uno dei punti panoramici più interessanti dell’Oasi Zegna, dove lo sguardo può spaziare sulla Valsessera e sul Monte Rosa.
RELAZIONE TECNICA: Altezza Massima raggiungibile: 1613 m. Tempo di salita: 2 h. Tempo Totale (AR): 3,30 h. Dislivello: 320 m. Difficoltà: EE. Materiale occorrente: Un cordino solo per i principianti e qualche moschettone vista l’infinità di chiodi e spit presenti sulla via adibiti a corse alpine. Accesso in auto: Biella, Trivero, Panoramica Zegna, Bocchetto di Luvera. Località di partenza: Bocchetto di Luvera (1293 m). Località di arrivo: Bielmonte
Descrizione Itinerario: Dal Bocchetto di Luvera (1293 m) se si compie tutta la traversata conviene portare un’auto all’arrivo (se ve ne è la possibilità) a Bielmonte (partenza seggiovia). Dal Bocchetto di Luvera si sale facilmente in cresta raggiungendo il sentiero contrassegnato col n. 2 valutato di difficoltà EE con la scritta per: ”Escursionisti Esperti”. Il sentiero, prevalentemente su roccia, risale la cresta Est e la cosa più curiosa è l’infinità di chiodi e spit che si trovano sul percorso (15 chiodi e 20 spit). Incuriositi da tale attrezzatura non motivata su un sentiero anche se roccioso, veniamo a scoprire che essi sono stati posti in caso di salite invernali e per corse alpine che vengono effettuate su questa cresta che viene praticamente monitorata da una lunga quanto (fortunatamente) provvisoria corda.
Il sentiero molto ben segnalato si erge su tale cresta per poi scendere brevemente su un ballatoio in pieno strapiombo addossandosi alle logiche nervature del crinale. Si sale un tratto facile fino a una placchetta di 15 m molto appigliata (un passo di II° inf. ad essere severi nelle valutazioni). Si prosegue sulla cresta Est a tratti un po’ aerea e molto divertente con strapiombi ai due lati. A un tratto la cresta medesima converge su una lama addossata sul vuoto. È forse l’unica difficoltà vera della salita (II°). Poi le difficoltà diminuiscono e per lamette e caminetti dalla Bocchetta dell’Argimonia (1454 m) si perviene all’anticima da cui si raggiunge senza più vertiginosi balzi rocciosi la bella e remunerativa vetta. Traversata e discesa: Dalla punta testé raggiunta, ove vi è una piccola edicola religiosa CAI con le sue lapidi in ricordo dei caduti e una bella statua della madonna, la via perde interesse e si prosegue su un placido sentiero rovinato da alcuni ripetitori e contrassegnato dal n. F3 che degrada in direzione di Bielmonte tra l’arrivo della seggiovia e la sua partenza. In breve si scende per comodi quanto rilassanti declivi al bel paesino di Bielmonte (1,30 h). Rimane un ultimo problema e cioè quello di tornare a prendere l’auto lasciata al Bocchetto di Luvera.
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TRE DENTI D’AMBIN CON PIÚ CIME CONCATENATE
di Lodovico Marchisio
Una traversata dimenticata “riscoperta” grazie alla Guida Alpina Alberto Re che mi ha accompagnato il 3 ottobre 2002 quando avevo 55 anni. Alberto, oltre ad essere onorato di avere un amico come lui, è una storica guida alpina che ha scalato “giganti” come il Trisul dell’Himalaya e il monte Sarmiento nella Terra del Fuoco.
Alberto Re ha iniziato a esercitare la professione di guida alpina a Bardonecchia nel 1974 e il successo riportato nel 1978 sui 7000 metri del Trisul in Himalaya e non solo gli hanno spalan-cato le porte per un’avventura durata quasi cinquant’anni sulle montagne del mondo. Le sue spedizioni hanno rappresentato lo spartiacque definitivo per un totale cambiamento della sua vita: avviandolo verso un cammino che lo avrebbe portato a lasciare la città e trovare un ottimo lavoro per trasferirsi con la famiglia in montagna, a Bardonecchia. Qui ha potuto seguire un iter formativo per ottenere prima la specializzazione di tecnico del Soccorso Alpino e poi il titolo di Guida Alpina che l’hanno indotto al desiderio di ampliare il più possibile i suoi orizzonti per esplorare e scoprire, insieme ai suoi clienti, montagne lontane e popoli diversi nei vari continenti. A tale proposito non può mancare nella libreria di noi alpinisti il suo libro edito nel 2022 “Orizzonte montagne – una vita da guida alpina” edito da “Priuli e Verlucca” che vi trasporterà negli angoli più sperduti e affascinanti della terra che Alberto ha avuto la fortuna di esplorare, attraverso racconti che raccolgono mezzo secolo e più di avventure, prime ascensioni e viaggi esplorativi che lo hanno portato, dal Polo Nord al Sud America, dal Sahara alla Namibia, dalla Spagna alla Russia, dall’India all’Iran, in una rete di connessioni che tocca quasi tutto il globo.
RELAZIONE TECNICA: Altezza Massima raggiungibile: Rocca d’Ambin 3378 m. Tempo di salita: 8 h. Tempo Totale (AR): 11 h. Dislivello: 1600m. Difficoltà: AD – (ma su terreno non tracciato). Materiale occorrente: Corda, rinvii, fettucce, moschettone, qualche chiodo. Accesso in auto: Torino, Susa, Colle Moncenisio, Piccolo Moncenisio, con una 4×4 si sale sulla sinistra fino alle Granges de Savine (2243 m) dove una sbarra pone fine al traffico motorizzato. Se non si possiede un mezzo idoneo calcolare un’ora in più per giungere a detto punto di partenza con un dislivello di 100 m circa in più di saliscendi dal Piccolo Moncenisio ove si lasciano le vetture normali a quota 2183 m. Località di partenza: Piccolo Moncenisio (2183 m) – Granges de Savine (2243 m). Località di arrivo: Idem
Descrizione Itinerario: Dalle Granges de Savine (2243 m) si scende (superando una sbarra) di circa 120 m fino a un piccolo sbarramento artificiale del Rio Savine. Da qui si prende il Sentiero che fa parte dell’Alta Via della Val di Susa (pur trovandoci in territorio francese) e si percorre tutto il Vallon de Savine fino al Lago di Savine (2449 m). Poi il sentiero prende a salire sino al Col Clapier (2477 m) per scendere sul versante opposto verso il Vallone di Tiraculo e la successiva Val Clarea. Scesi per circa 150 m in direzione del Rio Clapier, invece di puntare verso il Rifugio Vaccarone, si prende il secondo canalone sottostante il residuo morenico del Ghiacciaio del Gros Muttet. Per raggiungere questo valico occorre percorrere il secondo enorme svaso morenico che sale (evitando una cascata) attraverso la morena del vecchio ghiacciaio omonimo sino alle precipiti balze del Gros Muttet risalibili senza particolari difficoltà solo se non vi è neve o peggio “verglass”. Cercando di evitare gli strapiombi tenendosi sul bordo destro della parete (verso di salita) si perviene (superando facili ma esposte balze rocciose) al valico non scevro da pericoli oggettivi. Per i collezionisti di vette dal valico si può raggiungere la vicinissima Cima del Gros Muttet (3245 m) in pochi minuti (AR 15 min circa). Fatta o no la piacevole digressione della quale non teniamo conto nel conteggio delle ore complessive, si prosegue in direzione della cresta che unisce la Rocca D’Ambin al Gran Toasso. Non è un valico determinato, ma un punto indefinito della cresta scelto dalla Guida Alberto Re che mi accompagnava. Per fare la Rocca d’Ambin (3378 m, punto più elevato dell’intera traversata) che è posta in direzione opposta dei Tre Denti; è obbligatorio fare una digressione verso sinistra (sempre intesa come senso di marcia) e per questa cima teniamo conto del tempo occorrente AR perché parte integrante della traversata. Con ghiaccio o neve dura (condizioni trovate il 3 ottobre 2002, giorno della salita) si sale in vetta con piccozza e ramponi. In condizioni estive si sale agevolmente a piedi senza l’uso della corda. Calcolare AR 1 h circa. Per giungere in vetta alla Rocca d’Ambin dalla partenza sono occorse 5 h. Ritornati alla base (20 min) si prosegue in direzione opposta tenendosi assolutamente sul filo di cresta per scavalcare il Gran Toasso (3209 m), vetta di poco contrastata dal Torrione omonimo di poco scostato verso sinistra che precipita sul versante Nord dell’ardita cresta (1 h dalla cima della Rocca d’Ambin, 40 min dall’intaglio di deviazione alla vetta più elevata). Da qui con facile saliscendi si giunge al Col Des Aiguilles (3217 m) ai piedi del “Nodo di Confine (3326 m) e successivamente in vetta (1,30 h dal Gran Toasso)” che fa da spartiacque con il pronunciato intaglio che origina i Tre Denti D’Ambin. Scavalcata anche questa cima si è già a quota 4 vette (se si è anche saliti sul Gros Muttet). Ci si porta quindi alla meta più agognata dell’intera cavalcata di cime e cioè la salita del Dente Meridionale d’Ambin (3371 m), staccato dal Nodo di Confine da un’esile cresta sulla quale si cammina con precauzione specialmente in presenza di neve ghiacciata (condizioni da noi trovate in stagione avanzata).
Questa cresta da un lato precipita vertiginosamente sul canalone Nord (Via Purtscheller) e dall’altro su balze rocciose frantumate sulle quali è difficile trovare buona consistenza. Raggiunta la base del Dente Meridionale (che è il più elevato dei tre denti e anche l’unico raggiungibile come tempo a disposizione se si compie tutta la traversata), che senza neve non oppone difficoltà, s’incontra una cresta di roccia svasata che permette con facile arrampicata (II°) di portarsi ad una prima cengetta. Per evitare la roccia veramente in sfacelo della vecchia via originaria, la Guida A. Re sceglie di arrampicare (via logica di adesso, viste le condizioni della roccia) in un bel diedro con una traversata verso sinistra sotto uno strapiombetto con difficoltà massime di III°, che permette di vincere la successiva paretina esposta ma di roccia più compatta che conduce in vista di una cengia cosparsa di terriccio. Qui (non si sa da quanti anni) vi è un vecchio chiodo ad anello unito a un altro attraverso una serie di fettucce e cordini un po’ logorati dal tempo e dagli agenti atmosferici. Volgendo a sinistra per una cengia detritica è possibile raggiungere facilmente la cresta Ovest, (lato opposto che guarda verso il Dente Centrale e Settentrionale) dalla quale in breve si può raggiungere agevolmente l’esile vetta. Della vecchia croce segnalata dalle guide alpine non vi è più traccia alcuna, neppure del basamento. L’unico segno rimasto attualmente in vetta, è un ometto in pietra semidistrutto dal mancato ripristino a causa dei pochissimi alpinisti che ancora raggiungono questa cima. 8 h dalla partenza. Grazie alla conoscenza del territorio della guida alpina (non avventurarsi da soli su questo it. senza persona pratica al seguito), si torna sul “Nodo di Confine” che è obbligatorio “riscavalcare”. Quindi si scende direttamente da questa vetta, evitando subito sotto di essa gli affioramenti rocciosi che s’incontrano nella discesa, per via diversa da quella percorsa in salita e che sono in qualche modo aggirabili con buon senso e praticità del terreno. Puntando verso il vallone che è proprio sotto di noi, anche se non s’intuisce quali difficoltà può riservare, ci si trova dove si diparte il Col des Aiguilles.
Senza spostarci verso “Les Rochers Penibles” conviene calzare i ramponi se s’incontra neve dura quasi sempre presente in questa dorsale, per scendere velocemente perdendo quota. Giunti (evitando ogni difficoltà possibile) a quota 2600 m ci si trova in linea d’aria un po’ più sotto del dirimpettaio Rifugio Vaccarone (2747 m) ma molto discostati da esso. L’occhio allenato della Guida, nota, come riferimento per chi vorrà ripetere l’impresa, un anfratto con pietre riposte a cerchio, evidente segno di un eventuale bivacco di fortuna, anche se non si sa da quanti anni non sia più in piedi. Ci si trova poco dopo improvvisamente davanti ad una balza rocciosa che va a lambire il canalone sempre più erto che si snoda a ridosso di due bastionate rocciose in questo tratto abbastanza vicine. È l’unico punto veramente obbligato del percorso. Usando due chiodi, lasciati in parete per i prossimi salitori che usassero il nostro stesso it. per scendere, scendiamo assicurati fino in fondo alla balza rocciosa (50 m) oltre la quale non vi sono più problemi per raggiungere il fondo della vallata dalla quale occorre affrontare l’ultima risalita al Col Clapier, discendere al Lago delle Savine e risalire l’ultima leggera salita che riporta all’auto, sperando che abbiate usato una jeep per arrivare sino al punto più elevato di partenza, se no dovete affrontare altri 40 min. per scendere al Colle del Piccolo Moncenisio. Dalla vetta h 3 alle Granges de Savine (2243 m) ad andatura elevata. 11 h da noi impiegate in totale.
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GRAND AREA
Bella e caratteristica montagna rocciosa con le pareti nord dall’aspetto severo ma facilmente raggiungibile dal versante sud-ovest. Panorama bellissimo specie sul Delfinato. Questa punta si può raggiungere con dislivello meno impegnativo per la via normale da Chantemerle, strada per il col du Granon da dove è anche possibile arrivare al col de Buffere.
SCHEDA TECNICA: Altezza Massima raggiungibile: 2869m.; Tempo di salita: 2,15h; Tempo Totale (AR): 3,30 h (4,30 h se si opta per il percorso ad anello passando dalla Porte du Cristol); Dislivello: 698m.: Difficoltà: E; Località di arrivo: Idem. Materiale occorrente: Bastoncini telescopici. Accesso in auto: Autostrada Torino – Bardonecchia, Ulzio ovest, Cesana, Monginevro, Briançon, Chantemerle, rotabile per il Col du Granon. Località di partenza: Tornante della strada per il Col du Granon a 2171 m circa (circa 14,5 km da Briançon).
In marcia verso la vetta
Descrizione Itinerario: Da Chantemerle si percorrono alcuni chilometri, della bella e larga strada asfaltata che raggiunge il Col du Granon, estremamente panoramica verso il massiccio del Delfinato. Si lascia l’auto ai lati di una stradina sterrata che ha inizio alla sinistra di un tornante a sinistra (a volte nei mesi estivi funziona una “buvette” – punto di ristoro a Saint Josephin una piccola costruzione di pietraadiacente: l’area è attrezzata con tavoli e panche in legno per il pic-nic. Fontana, asciutta nei mesi estivi). La meta dell’itinerario è ben visibile, con una forma più arrotondata e tozza da come appare dal fondo della valle, il sentiero è subito evidente, e i cartelli segnalatici gialli ben visibili. Si percorre la conca dapprima erbosa e via via più arida, poi si sale in direzione ovest con tratti più ripidi alternati a tratti più dolci, si attraversa un valloncello e si raggiunge con un’ultima diagonale la linea di cresta erbosa che collega la vetta con l’ultima elevazione a sinistra (senso di marcia), sovrastata da una croce lignea. Il sentiero svolta a destra, attraversa il versante ovest di una modesta elevazione della cresta, e con un ripido tratto in salita su terreno ciottoloso raggiunge una piccola conca e il colletto tra la rocciosa Petit Area alla destra, e la Grand Area.
Di qui sale decisamente a sinistra e attraversa a destra l’inizio di un ripido canale. Sovente all’inizio di stagione le tracce si perdono a causa del terreno franoso che ghiaccio e neve “dilavano”, questo normalmente è l’unico tratto che richiede un minimo di attenzione. Ancora qualche tornante su terreno detritico e instabile con qualche tratto colonizzato da erba sparuta e quindi il sentiero ridiventa agevole anche se ripido: con serpentine ardite supera il versante meridionale della montagna e si riporta nei pressi della linea di cresta. Un ultimo strappo e dopo un pendio più dolce (cartelli segnaletici gialli per il Col de Buffère, da cui passa l’itinerario che parte da Nevache, che confluisce dalla sinistra) si raggiunge comodamente la vetta. Spesso in estate si è accolti dalle capre che hanno l’abitudine consolidata nel tempo di leccare con grandissima soddisfazione il sudore dalle gambe degli escursionisti sudati. Croce metallica.
Il panorama è a 360°, veramente affascinante sulle montagne della valle della Guisane (che scende dal Col du Lautaret e a Briançon confluisce nella Durance) e della valle della Clarée, che nasce al Col des Rochilles e confluisce nella Durance nei pressi di La Vachette, a monte dell’abitato di Briançon, valli delle quali la Grand Area si trova a cavallo. Panorama esteso ai giganti del Delfinato, dal Pelvoux alla Barre des Ecrins, dal Pic des Agneaux alla Grande Ruine e alla Meje, ma anche sul lontano Monte Bianco e sul Pic de Rochebrune e sul Monviso oltre che sulle vette dell’Alta Valle di Susa. La discesa si svolge sullo stesso percorso di salita o, avendo più tempo a disposizione, scendendo dal versante nord (preferibilmente a stagione avanzata, quando i residui nevai si sono sciolti, data la pendenza e il tipo di terreno poco consistente e privo di appoggi).
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LA GRAN TEMPESTA
Stupenda montagna situata sopra Nevache – Névache è un comune francese di 349 abitanti situato nel dipartimento delle Alte Alpi della regione della Provenza-Alpi-Costa Azzurra – a cavallo tra la valle omonima e la Valle Stretta, descritta sommariamente dalla Guida dei Monti d’Italia (Alpi Cozie Settentrionali). È da collocarsi tra le vie normali meno frequentate, come l’Aiguille du Dome, La Taillante e molte altre cime che come questa non hanno versanti facili e conosciuti e soprattutto di comodo accesso. Per questo motivo la sua ascesa richiede voglia di riscoprire e valorizzare importanti montagne dimenticate, su percorsi non abbastanza segnalati
Descrizione Itinerario: Alla riscoperta di itinerari perduti (La Gran Tempesta è uno di questi) abbiamo ricostruito o ripristinato più di 20 ometti, su quella che noi riteniamo essere la via più logica di salita da Nevache perché dalla Valle Stretta si lasciano le auto molto in basso e il canalone di salita è ripidissimo.
Inizio della salita
Da anni vette come queste e altre simili, vengono solo più salite sporadicamente da alpinisti romantici, avvezzi alla fatica e pratici di montagna e di orientamento. Eppure riportare a galla la conoscenza di tali montagne è mantenere in vita un alpinismo di ricerca, le sue prime esplorazioni, la storia stessa dei nostri monti. Dopo vari studi e ricognizioni s’individua quella che a rigor di logica è la salita meno faticosa e più diretta alla vetta.
Lasciata l’auto al parcheggio degli chalet di Fontcouverte (6 km circa dopo Nevache), prima di tutto, come abbiamo imparato a fare, ci si guarda attorno e il paesaggio che ne deriva sembra quello di una cartolina, ricostruita nei particolari per allietarci lo sguardo, invece è un dono di Dio che ha ideato un mondo, che l’essere umano non solo non sta rispettando, ma che sta distruggendo.
Tornando al percorso, paghi di siffatta bellezza, si attraversa la Clarèe (lasciando alla destra il piccolo ristoro di Fruitière, fontana), si sale su strada sterrata chiusa al traffico fino al Rèfuge du Ricou (2115 m), 40 min. Da qui prendere il sentiero per “Les Lacs” che con ampi tornanti conduce fino a un bivio.
Lasciare il sentiero diretto ai Laghi Laramon e du Serpent per seguire la traccia di sinistra (ovest) e attraversare in diagonale tutta la falda morenica. Abbandonare il sentiero quando questo si dirige verso il “Parking de Laval”, che si intravede in basso a sinistra e prendere a destra, subito dopo aver attraversato un ruscello dalle acque limpide che riflettono con la magia del sole riflessi argentati, sino a raggiungere il sovrastante Lago della Cula (2453 m).
Due ore dalla partenza. Da qui per tracce sempre più frammentarie e difficili da individuare, se non si entra con la testa e col cuore nella tipologia di questi percorsi, dirigersi a un vasto anfiteatro a sinistra e con ampie serpentine (tracce più marcate) raggiungere la cresta “Des Muandes”, ad una quota di circa 2890 m. Da qui seguire l’esposta e divertente cresta, evitando alcuni torrioni aggirandoli sulla destra (versante del lago della Cula), su un terreno esposto e da non sottovalutare. Poi continuare fedelmente sul filo di cresta con un passo in discesa di II° (Intaglio) e successivamente per rocce ben articolate all’ometto di vetta (F-).
Discesa: Dalla vetta scendere nel ripido e franoso canalone in direzione della Piccola Tempesta (Est). La discesa non è difficile, ma occorrono fermezza di piede, assenza di vertigini e familiarità con gli sfasciumi. Per un terreno faticoso (poco consigliabile in salita) si scende in un anfiteatro morenico di grandi dimensioni. Per canali, rocce montonate e tracce segnalate da ometti risistemati durante la nostra discesa, si arriva a un primo laghetto in linea d’aria situato a 2770 m, sotto il colle tra la Piccola Tempesta (2970 m) ad est e la Gran Tempesta a ovest. Si continua a scendere in un ampio vallone che si fa sempre meno pietroso, sino a tornare sulla sponda opposta (destra idrografica) al Lago de la Cula (1,30 h dalla vetta), dove è d’obbligo una sosta rigeneratrice per godersi in silenzio e tranquillità, ormai fuori dalle difficoltà, questi magici spazi che offre la montagna, magari togliersi calze e scarpe per sentire ancor di più la freschezza del luogo, sempre accarezzato col bel tempo, da un piacevole venticello. Finita la rigenerante sosta, riallacciarsi al percorso dell’andata, facendo ritorno a valle (2,30 h in tutto).
RELAZIONE TECNICA: Altezza Massima raggiungibile: 3003 m, Tempo di salita: 3,40 h non considerando i tempi di sosta e del ripristino degli ometti. Tempo Totale (AR): 6,10 h Dislivello: 1150 m Difficoltà: F-
Materiale occorrente: Bastoncini telescopici (corda utile ma non necessaria). Accesso in auto: L’accesso stradale da Torino più conveniente è questo che vi segnaliamo: Avigliana, Susa, Bardonecchia, Colle della Scala, Vallone di Nevache, Chalet di Fontcouverte (1853 m – Parking). Località di partenza: Chalet di Fontcouverte. Località di arrivo: Idem
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MONTE BARONE
Il Monte Barone è la vetta più importante della piemontese Valsessera e appartiene al Braccio orientale delle Alpi (o Prealpi) biellesi.
Compiuta come capo gita il 2 giugno 2013 quando avevo 66 anni, con il gruppo Tutela Ambiente Montano del Club Alpino Italiano. Il panorama è celebre per l’ampiezza che spazia dalle Alpi Marittime fino all’Adamello, comprendendo una splendida vista sul Monviso, il Corno Bianco, il Monte Rosa, lo Stralhorn, il Weissmies, il Monte Leone, il Bernina, per citare solo alcune vette. Lo sguardo si spinge fino al Lago Maggiore e d’Orta e alla pianura piemontese e lombarda: veramente un piacere, sempre che losi possa godere appieno, senza l’ostacolo delle nebbie e delle nuvolaglie che spesso e volentieri la fanno da padrone. Da Coggiola per strada asfaltata sempre più stretta si raggiunge la località Le Piane (8 km da Coggiola, pannello indicatore: It. G1/G8), dove si lascia l’auto prima della chiesetta eretta per un voto dopo una pestilenza di vaiolo nero.
Ci s’immette su una mulattiera in direzione ovest che attraversa una pineta e dopo aver superato un dosso per pendii erbosi supera una baita con l’indicazione Monte Barone dipinta in giallo sul muro. Le rade betulle e le felci sostituiscono le conifere, la vista spazia sulla testata della stretta valle del torrente Sessera a occidente. La mulattiera sale verso l’incavo del vallone del Rio Cavallero che attraversa (ponticello metallico in caso di necessità ) e risale sull’ opposto e arido versante punteggiato dalle betulle e da stentati e asfittici pini. All’inizio della risalita si trovano le indicazioni per la Palestra di Roccia Oliva, Via della Discordia, alla destra del sentiero. Con agevole marcia si raggiunge una fontanella a sinistra del sentiero e quindi il Rifugio “La Ciota”, 1233 m in circa 40 minuti. Si prende la diramazione di destra (segnavia G8) in un bosco di stupende conifere, risalendo fino alla dorsale che divide il vallone del Rio Cavallero da quello dell’ Ardeccia e che si origina in alto dalla vetta del Pissavacca. La vegetazione ormai è estremamente ridotta, una volta raggiunta la sommità del dosso appare in lontananza la struttura verde del Rifugio Monte Barone.
La vetta piramidale e massiccia con la cresta est su cui si svolge l’itinerario di salita sarà sempre visibile di qui in poi. Il sentiero compie alcuni saliscendi tagliando il ripido e tormentato versante occidentale del Pissavacca, attraversa qualche ruscello ed in alcuni tratti è scavato nella roccia (corde fisse di sicurezza). Alla fine del lungo tratto diagonale con pendenza ridotta, guadagna per pendii erbosi le baite diroccate di Ponasca e con un’ultima salita il ripiano dove è situato il Rifugio Monte Barone (1540 m circa), costituito di due edifici (il locale invernale è sempre aperto e dotato di stufa). 2 ore in totale. Bella e comoda fontana di pietra degli Alpini con un unico esemplare arboreo nelle vicinanze.
Il sentiero riprende a salire a destra con ripide svolte nell’erba ispida che a volte lo nasconde e raggiunge la Bocchetta di Ponasca (1650 m), situata tra la cresta che sale da Noveis con le elevazioni del Monte Gemevola o Cornabecco (1576 m), del Pissavacca (1659 m) e della Punta delle Camosce (1699 m) e il proseguimento della stessa che culmina al Monte Barone. Di qui bel colpo d’occhio sulla valle di Postua, la bassa Valsessera, Borgosesia. Il sentiero segue (sempre ben segnalato da tacche bianche e rosse) la cresta più o meno fedelmente, diventando più accidentato, e dopo un traverso sul versante nord tra cespugli di rododendri, supera una cappelletta scavata nella roccia (campana) e raggiunge la vetta. Rosa dei Venti (CAI Valsessera) e Croce metallica. 1 ora dal rifugio.
Il panorama ripaga ampiamente della fatica. Da rimarcare la precisione e abbondanza della segnaletica, che permette di andare comodamente per sentieri, senza il rischio di affrontare problemi di orientamento.
SCHEDA TECNICA: Altezza Massima raggiungibile: 2044 m. Tempo di salita: 3,00 h Tempo Totale (AR): 5,30 h Dislivello: 1059 m. Difficoltà: E Materiale occorrente: bastoncini telescopici. Accesso in auto: Autostrada Torino – Milano, uscita a Greggio, Gattinara, Serravalle Sesia, Crevacuore, Coggiola, Viera, Biolla, Alpe Le Piane. Località di partenza: Alpe Le Piane 985 m. Località di arrivo: Idem (se si percorre il filo di cresta arrivo all’Alpe Noveis).
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IL MONTE CIABERGIA
di Lodovico Marchisio – foto di Roberta Maffiodo
Il segnale della Partenza
Il monte Ciabergia (1179 metri), è la cima più elevata che dalla pianura torinese si affaccia verso il bassopiano sul lato destro di chi scende dalla Valle di Susa verso Torino e si estende fin oltre la piana di Sant’Ambrogio sulla destra orografica della bassa Val di Susa, perché sulla sinistra idrografica o orografica, già verso il Colle del Lys diverse cime superano l’altezza della nostra montagna in esame. Il nostro monte si presenta come un’arrotondata elevazione boscosa che dà origine verso nord, oltre che a un paio di rilievi minori (Truc Restlin 1110 m e Cima Castiglione 1098 m), al costolone che dopo il colle della Croce Nera (861 m) risale a formare il monte Pirchiriano. La cresta sud-est del Ciabergia fa da spartiacque tra la Val Sangone e la conca dei Laghi di Avigliana e ad essa si collega la parte meridionale dei rilievi che formano l’Anfiteatro morenico di Rivoli – Avigliana. Verso ovest il Colle Braida divide la montagna dal monte Presa Vecchia (1.292 m) che già lo supera in altezza e dal corpo principale della Costiera Orsiera – Rocciavrè. Sulla cima della montagna è collocato anche il punto geodetico trigonometrico dell’IGM e una bella Madonnina rifatta più volte e collocata dentro una nicchia rocciosa precostruita da tempo e anch’essa sempre riadattata e “riadeguata” all’usura del tempo.
Dal Colle Braida (1007 metri), si sale per un ripido sentiero tra le case dove vi è la freccia indicante la direzione da seguire per raggiungere la cima del monte Ciabergia (1179 metri), che si riduce a 172 metri di dislivello, segnato con vernice rossa e che in poco più di 40 minuti conduce sulla cima, mentre la discesa più agevole è sulla sinistra (verso di salita) scendendo in direzione della dorsale (direzione nord) su buone tracce di sentiero sino ad una ampia depressione nel rado bosco di faggi, dove occorre lasciare la traccia marcata con segni rossi che scende verso la Punta dell’Ancoccia e successiva Sacra di San Michele, monumento simbolo del Piemonte, per puntare senza alcuna segnaletica in direzione delle casette sparse poco lontano dal punto in cui parte il sentiero di salita.
Abbiamo descritto questa montagna collocata in bassa Valle di Susa, perché racchiude in sé tutte quelle prerogative che sfuggono quando si cerca una meta ambiziosa con lunga salita e lontana da casa. Qui invece si colgono tutti gli aspetti che si dovrebbero notare quando si cammina per assaporare tutto ciò che ci circonda, da un bosco di faggi con l’aria frizzante del venticello quasi sempre presente in questa zona. Il ripido sentiero cosparso a tratti da caratteristiche rocce, appare meno faticoso, perché distratti da queste strane figure geologiche. Quando in prossimità della vetta appare,nascosta in una nicchia rocciosa, una bella madonnina, essa ci invita ad allungare il passo per poterla al più presto raggiungere ed è per questo che ti senti in pace con te stesso e ritrovi la serenità che ti permette di andare sempre avanti nei giorni a seguire.
RELAZIONE TECNICA: Quota arrivo: 1179 m. – Quota partenza: 1007 m. – Dislivello: 172 m. – Difficoltà: E (facile ma ripida la salita). Partenza: Colle Braida Accesso: L’escursione al Monte Ciabergia parte dal Colle Braida, raggiungibile velocemente da Torino passando per Avigliana e seguendo le indicazioni per la Sacra di San Michele oppure salendo da Giaveno e passando per Valgioie.Lasciata l’auto nell’ampio piazzale del Colle Braida si prende la carreggiata che sale a destra (in direzione della Valle di Susa) a fianco di una chiesetta, poi svoltare a destra e dopo pochi passi l’asfalto termina e si imbocca un sentiero tra le case come indicato nell’itinerario di cui sopra.
Il bosco di faggi sulla via del ritorno
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LE RATEAU D’AUSSOIS
di Lodovico Marchisio
Questa cima ha lo stesso accesso per un buon tratto, della Pointe de L’Observatoire (pubblicata a parte) con digressione possibile alla Tête d’Aussois che è una cima diversa da questa, ma l’accesso è il medesimo e si raggiunge dalla Valle di Susa attraverso il Colle del Moncenisio (in provincia di Torino) , continuando (raggiunto il fondovalle francese) in Val Vanoise per Lanslebourg, Termignon, Aussois, Plan d’Amont(ove si parcheggia l’auto). Si può arrivare alla partenza anche attraverso il traforo del Frejus (a pagamento), proseguendo fino a Bardonecchia (provincia di Torino) e raggiunta Modane (all’uscita del tunnel) prendere la direzione per raggiungere Aussois e Plan d’Amont. Se si segue l’itinerario del tunnel a pagamento, dall’uscita del traforo del Frejus, in località Modane, il Rateau d’Aussois a destra e la vicina Aiguille Doran, a sinistra, svettano in maniera incredibile: la seconda è una meta decisamente alpinistica, ma il primo è facilmente raggiungibile, quasi interamente su sentiero. Attraversato l’abitato di Aussois si percorre la stretta strada asfaltata che con molti tornanti sale alla diga di Plan d’Amont, dove essa termina, con buone possibilità di parcheggio.
Si sale per la stradina sterrata chiusa al traffico, che fiancheggia tutta la sponda destra orografica (sinistra come verso di salita) del lago generato dalla diga di Plan d’Amont. In una piazzuola molto utili sono dei pannelli indicatori sulle caratteristiche della flora e della fauna locali. La pendenza è moderata, ci si innalza con gli ultimi tornanti all’estremità ovest del lago; alla destra scorre impetuoso il rio immissario dello stesso.
Poco sopra, il sentiero si biforca: la diramazione di destra, superato il torrentello su un ponte in legno, prosegue per il Plan de la Seteria e il refuge du Fond d’Aussois, a sinistra sale al Col de la Masse. Ci si immette su quest’ultimo, che abbastanza comodamente si innalza tra i pascoli in direzione sudovest. Poco sopra la quota 2400 metri, si lascia alla sinistra (senso di marcia) la biforcazione che porta al Plateau du Mauvais Berger e al successivo Col du Barbier che è l’itinerario seguito per il “Tour du Rateau d’Aussois”. Si segue la traccia principale di destra, che sale con regolari tornanti, impennandosi nel tratto finale per superare i ripidi pendii di sfasciumi (o residui nevai) del versante nord del Rateau d’Aussois, sino al Col de la Masse, 2923 metri, 2,45 ore dall’auto.
Il terreno, da erboso con macchie di mirtilli e rododendri, oltre a splendide fioriture, si è fatto sempre più arido e pietroso. Dal colle, volgere a sinistra per evidente traccia ben segnalata, che conduce a zig-zag in direzione del punto culminante, che si raggiunge con breve ma piacevole ginnastica tra facili massi accatastati. Questo comunque è il tratto facile ma più delicato dell’escursione.
Ore 1 dal colle alla vetta, segnalata da un grosso ometto di pietre. La sommità ampia e tondeggiante è costellata di ometti di pietre, che proseguono sulla cresta che scende a sud. È molto facile incontrare e ammirare da vicino degli stambecchi o più difficilmente, ma non del tutto improbabile, anche vedere da più lontano, piccoli branchi di camosci, che nella tranquillità del Parco Nazionale de la Vanoise non si scompongono più di tanto in presenza degli escursionisti. Stupenda vista circolare sulle montagne circostanti: dalla Pierre Menue (per i francesi Aiguille de Scolette), alle Aiguilles d’Arves, alla Meje, alla Barre des Ecrins, alla Dent Parrachèe e alle cime della Vanoise. La discesa ripercorre lo stesso itinerario della salita.
SCHEDA TECNICA: Altezza Massima raggiungibile: 3131 m – Tempo di salita: 3,45 h – Tempo Totale (AR): 6,15 h – Dislivello: 1053 m
Difficoltà: E – EE per il tratto finale dal Col de la Masse alla vetta
Materiale occorrente: da escursionismo, utili i bastoncini.
Accesso in auto: Autostrada Torino – Bardonecchia, traforo del Frejus (a pagamento), Modane, Aussois, Diga di Plan d’Amont (circa 14 km da Modane). Si può arrivare anche dal Colle del Moncenisio
Località di partenza: Diga di Plan d’Amont 2078 m
Località di arrivo: Idem